PROSPETTIVE SCISMATICHE VATICANE: Come presumibilmente evolverà lo "scisma sommerso" - di Simonetta Leopardi


Nel suo discorso natalizio alla Curia romana, lo scorso dicembre, Bergoglio ha parlato "dei criteri che hanno ispirato questo lavoro di riforma", ha "motivato alcune attuazioni che sono già state realizzate", si è poi soffermato a descrivere "il cuore della riforma": la ristrutturazione dei Dicasteri romani.
Bergoglio ha concluso il suo discorso confermando, che si sta ormai redigendo il documento, che presenterà al mondo la nuova istituzione: "si è pensato di proporre per l’instruenda nuova Costituzione Apostolica sulla riforma della Curia romana il titolo di Praedicate evangelium." (Discorso alla Curia Romana, 21 dicembre 2019) 

Con tale discorso riassuntivo, circa i criteri, che hanno ispirato la riforma della Curia e circa i cambiamenti istituzionali in atto nella struttura vaticana, si può ritenere, che la fase di riforma della chiesa abbia concluso il suo percorso interno.

E, se così è, a breve sarà necessario avviare uno specifico programma per ufficializzare il nuovo "ORDINAMENTO", cui Benedetto XVI aveva deciso di dare luogo, quando - nel 2010, scoperchiato lo scandalo pedofilia nel clero irlandesese - si pronunciò dal pulpito, di fronte ad alti rappresentanti del clero vaticano, dicendo: "San Pietro sta davanti alla suprema istituzione religiosa e Dio gli ha dato un altro 'ORDINAMENTO': l'obbedienza a Dio gli dà la libertà di opporsi all'istituzione. È necessario far penitenza, cioè riconoscere quanto è sbagliato nella nostra vita, lasciarsi trasformare. Il dolore della penitenza, cioè della PURIFICAZIONE, della trasformazione, è grazia, perché è RINNOVAMENTO. "
(Benedetto XVI, Omelia alla Pontificia Commissione Biblica 15.4.2010) 

Fase di rinnovamento, che Benedetto XVI avviò con il suo Atto di Rinuncia al cosiddetto "ufficio petrino", un Atto di governo, con il quale si è dissociato dalla Diocesi di Roma, smettendo di esserne vescovo (che è la carica rinunciabile, connessa alla sua elezione), ed ha conservato l'elezione "a vita" quale pontefice della chiesa cattolica, con i suoi poteri di giurisdizione universale sul popolo di Dio.

Bergoglio, difatti, affacciandosi in piazza San Pietro dopo l'elezione, si espresse correttamente, dichiarando che "il dovere del Conclave era di dare un VESCOVO a Roma" - non disse un Pontefice alla cristianità - e per tutto il suo discorso continuò a definirsi "vescovo".
Come tale, chiese la preghiera del popolo su di sé, "la preghiera del popolo, chiedendo la benedizione per il suo vescovo" e auguró di iniziare "un cammino fruttuoso per questa città".
Come tale, disse correttamente: "la comunità diocesana di Roma ha il suo vescovo", "vorrei fare una preghiera per il nostro VESCOVO EMERITO BENEDETTO XVI". 
Come tale, disse: "incominciamo questo cammino vescovo  popolo", "questo cammino della chiesa di Roma, che è quella che presiede tutte le Chiese", assumendo propriamente "l'ufficio petrino" nel suo ruolo di guida della comunità dei vescovi, quale primus inter pares, per condurre, sotto la potestà giurisdizionale di Benedetto XVI, il cammino di riforma del pontificato ratingeriano.

Se ora, stando alle dichiarazioni del discorso natalizio alla Curia, questo cammino di riforme della chiesa romana, per cui fu eletto Bergoglio, è concluso, per affrontare la successiva fase si dovrà, presumibilmente, cominciare dalle dimissioni di Bergoglio.
E, se così dovesse accadere, deflagrerebbe il problema di quale sia l'atto giuridico pertinente al caso e, di conseguenza, si svelerebbe quale sia il vero ruolo di Benedetto XVI nella chiesa cattolica.

Bergoglio, infatti, non potrebbe firmare un Atto di Rinuncia ex art. 332, comma secondo, del Codice di diritto canonico, come ha fatto Benedetto XVI, poiché questo articolo riguarda il Pontefice della chiesa universale, al quale è conferito il diritto di rinunciare alla carica DIOCESANA di vescovo della città di Roma, che egli, per legge, ha dovuto accettare DOPO essere stato eletto papa.
Mentre, Bergoglio è, appunto, semplicemente il vescovo di Roma, che guida come primus inter pares i vescovi del mondo, poiché ha sostituito Benedetto XVI, capo della chiesa universale, "nell'ufficio petrino", diocesano, da lui lasciato vacante.

Qualora egli volesse dismettere l'ufficio di vescovo della città di Roma, dunque, si applicherebbero per lui le norme, che regolano le DIMISSIONI dell'Ordinario del luogo e non quelle, che regolano la RINUNCIA di un Pontefice. Con l'immediata, eclatante conseguenza, che un tale atto di Bergoglio andrebbe accettato dal Pontefice della chiesa universale, a differenza dell'atto di rinuncia di Benedetto XVI, che essendo il Pontefice della chiesa universale, compiva motu proprio un atto di governo.

D'altra parte, se il cammino della riforma della Curia romana è stato compiuto, si rende necessario il riassetto di compiti e funzioni, come di rappresentanze e ruoli. Per questo motivo, difficilmente si potrà prescindere dal nominare un nuovo vescovo di Roma, per quanto rivelatore ciò possa diventare, rispetto alla pantomima dei "due papi" in Vaticano, recitata fino ad ora.

Anzi, ritengo che, chiedere a gran voce le dimissioni immediate di Bergoglio, sia quanto dovrebbero fare ora i sostenitori del ruolo di Pontefice a vita di Papa Ratzinger, per ottenerne il riconoscimento ufficiale definitivo.
Se potessi parlare con lui, gli direi: Santità, perché non ci proviamo?

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